Dalla lotta di classe all’ecovillaggio: storia di Jacopo Fo e della sua “fuga ad Alcatraz” – Io faccio così#11
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Umbria - Quando ci si approccia a Jacopo Fo la cosa più difficile è capire cosa fa. Scrive su blog, riviste e giornali, si occupa di energie rinnovabili ed ecosostenibilità, organizza corsi di yoga e clownterapia, festival musicali, laboratori video, progetta e realizza ecovillaggi. Fa talmente tante cose e talmente diverse fra loro che darne una definizione sintetica risulta davvero difficile. Lo stesso scoglio deve essersi presentato a chi ha inserito la sua descrizione su Wikipedia: il malcapitato redattore ha infine optato per “Jacopo Fo (Roma, 31 marzo 1955) è uno scrittore, attore, regista, fumettista, blogger e attivista italiano”, e vi assicuro che ha omesso molte cose.
Ma sulla questione Jacopo taglia corto: “Molte persone hanno l’impressione che facciamo molte cose diverse, troppe cose. Ma in realtà noi ne facciamo una sola. C’è esattamente la stessa intuizione, la stessa visione dietro ad ogni cosa che facciamo”. Il plurale non è maiestatis, ma si riferisce ad un gruppo di persone con cui Jacopo collabora da anni -con alcune addirittura dalla fine degli anni Settanta- alla realizzazione dei suoi molti progetti.
Dunque cerchiamo di capire meglio cosa fanno. E come e dove lo fanno. Tutto ruota attorno ad una valle che sta a metà strada fra Gubbio e Perugia. Qui nel 1981 venne fondata la Libera Università di Alcatraz, un centro di formazione e produzione unico in Italia. Jacopo veniva da anni turbolenti. Nel corso dei Settanta il confine fra giustizia sociale e violenza di strada si era andato via via assottigliando. “Nel 74 uscii dai movimenti politici rivoluzionari perché capii che non si andava da nessuna parte”. Si faceva sentire l’esigenza di costruire qualcosa e l’Umbria, con le sue colline verdi e accoglienti era il luogo ideale.
“Decidemmo di creare il corrispondente dell’abbazia medievale. Un luogo che accogliesse saperi diversi, dove iniziammo ad organizzare una serie di corsi professionali, artistici, sul benessere, sulle tecniche artigianali. Facendo questo ci accorgemmo che esistevano molte convergenze: insegnanti di paesi diversi, che insegnavano cose che non c’entravano niente fra loro, chi la ceramica, chi teatro, chi aikido, facevano tutti riferimento ad una serie di conoscenze e ‘trucchi’ condivisi. Nasceva così un processo naturale di integrazione.”
Negli anni questo processo è andato avanti. Alcatraz, un grosso stabile in mezzo al verde, ha accolto corsi di ogni tipo, dallo “yoga demenziale”, alla sessualità, alle ecotecnologie, al parto dolce. Qui si è insegnato come si gestisce un asilo, a lavorare coi disabili, a seguire i principi dell’agricoltura biologica. Si sono organizzati festival musicali e sviluppati centri di produzione di film e documentari. Tante cose diverse e disparate, ma un unico filo conduttore: “Abbiamo cercato di applicare il nostro punto di vista sulla realtà, creativo, non autoritario.”
Tutto ciò è stato possibile anche grazie ad un metodo di collaborazione particolare: “Lavoriamo in sinergia senza schemi, capi, assemblee. Se uno fa un progetto è lui il capo e gli altri collaborano. Addirittura facciamo le trattative al contrario: io mi preoccupo che l’altro prenda abbastanza e viceversa. Ci sono dialoghi surreali: ‘ti do 10!’, ‘No dammi 8’ e così via. Questo metodo crea una fratellanza/sorellanza incredibile, aggiunge un valore enorme che permette di fare grandi cose.
L’ultimo progetto nato in valle, forse il più ambizioso è l’ecovillaggio solare. Si tratta di costruire, a partire da alcuni ruderi, una serie di abitazioni ecologiche ed ecosostenibili, disposte a formare vari complessi abitativi. Un vero e proprio borgo autosufficiente in cui ogni casa dista dall’altra da 400 metri a un chilometro. Ci sono -anzi ci saranno perché il progetto è ancora agli inizi- antiche case in pietra ed altre futuristiche in lamellare di legno coibentato. Ogni abitazione avrà un pezzo di giardino, orto, oliveto, frutteto, bosco.
Una volta terminato l’ecovillaggio rappresenterà una vera e propria green town, con il 99,9 per cento di verde e lo 0,1 di costruito. “Si tratta di una esperienza diversa rispetto a quelle degli anni Settante”, ci dice Jacopo. “Con gli anni siamo diventati più libertari: le strutture per come erano 30 anni fa erano troppo autoritariste, anche se a fin di bene, c’era l’obbligo ad essere omologati. Ci siamo resi conto che è molto difficile cambiare le abitudini, dunque è bene essere graduali. L’ecovillaggio solare non è una comune, ognuno ha casa sua, ma molte cose sono condivise. Da un lato il cohousing, i gruppi di acquisto, la banca del tempo, dall’altro l’abitazione privata.”
Il sito della Libera Università di Alcatraz
Il sito della dell’ecovillaggio solare
Il blog di Jacopo Fo
Il sito della Rete Italiana Villaggi Ecologici (RIVE)
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